In the 1960s, after the completion of much of the Autostrada, the requirement to be able to run after very fast cars on the very fast Italian highways was a must. Back then, there were no speed limits, the traffic was rather light and the highways were in perfect condition. Therefore, the Italian Police decided to buy a very elegant Ferrari 250GTE and to train few policemen to drive it. The training was done directly by the Ferrari test drivers.
Armando Spatafora's office during the era of La Dolce Vita. |
The color of the car was very dark, as not to attract the attention of the criminals. The Ferrari was based in Rome but it could easily reach the north of the country.
The Ferrari wasn’t just for show, either. It participated in many high speed chases with a great deal of success, most of the time being piloted by a policeman by the name of maresciallo Armando Spatafora. Both the driver and car eventually became famous.
After its honored service, the car was restored and today is present in many events in Italy, attracting a loft of attention and curiosity.
In fondo alla stanza c'è un uomo. E' un brigadiere della "Mobile", un uomo esile, mingherlino ma dagli occhi vispi, attenti. Un sottufficiale conosciuto, rispettato anche dai criminali che ha arrestato a decine. Fino a quel momento è stato zitto zitto ad ascoltare, lasciando che i più sanguigni dei colleghi si scannassero. Termina la sua sigaretta e si alza in piedi, facendo cigolare la sedia:
"Di cosa abbiamo bisogno, eccellenza? Di una Ferrari!"
Cala il gelo in quella stanza surriscaldata. Mai nessuno aveva osato rivolgersi con tale fermezza e arroganza ad un Prefetto, per di più Capo della Polizia. Tutti si girano e lo guardano a metà tra la commiserazione per la sua sorte futura e il rispetto. "Come si chiama, lei?" tuona Vicari. E lui, sempre guardandolo negli occhi: "Sono il brigadiere Armando Spatafora". Vicari lo guarda per qualche secondo, soppesandone l'uomo oltre che il poliziotto e gli risponde con un'unica frase: "L'avrà!"
Fino a qui la storia. D'ora in avanti, la leggenda.
Neanche tre mesi dopo dagli stabilimenti Ferrari di Maranello arriva a Roma un esemplare di uno splendido colore nero. E' una Ferrari 250 GTE carrozzata Pininfarina: sulle porte, la dicitura "Squadra Mobile"; sul passaruota anteriore, il neonato simbolo della Pantera. Insomma, la volante di tutte le volanti: un "mostro" in grado di toccare i 280 km/h. Ed è nera: Pantera tra le Pantere, con un bel lampeggiante sul tettuccio. Assieme ad altri tre colleghi (Carlo Annichiarico, Dalmatio De Angelis e Giuseppe Savi) Armando Spatafora venne spedito a Maranello per frequentare il corso di guida per un bolide da pista, più che da strada. Vi arrivano dopo 6 ore di viaggio a bordo della Fiat 500 di Armando. Ma lui è un Poliziotto che sa già guidare bene: a Maranello gli affinano la tecnica e lo rispediscono a Roma. Diventa consegnatario di quella macchina assieme a quei tre colleghi, unici autorizzati a guidarla. E per la criminalità la musica cambia. Come cambia la fama della Polizia romana: inseguimenti a rotta di collo, ma stavolta la macchina non si lascia seminare. Via Veneto, via Nomentana, sotto San Pietro ("Ma con le sirene spente, per non svegliare il Papa..."). Arresti rocamboleschi, con i fotografi che alternavano quegli scatti a quelli dei VIP della "dolce vita".
E poi, il mito. Di esso esistono tante versioni. Forse questa è la più veritiera.
E' una notte di marzo del 1964. "Armandino" è in giro di pattuglia assieme ad un giovane collega. Sono notti da brivido, fatte di rapine e furti nelle case. Ci sono due "merli" da catturare: uno si chiama "lo Zoppo", l'altro "il Pennellone". Da anni sono la croce e la delizia di tutti i Poliziotti capitolini: sono due ladri d'auto, soprattutto sportive; ma sono anche i piloti più richiesti dalla criminalità quando c'è da fare un "colpo" veloce e pulito. Chi ha provato a mettere loro il sale sulla coda è finito contro un muro o - alla meglio - dentro un fosso. Armando conosce i suoi "polli": sa che prediligono il centro storico di Roma perchè riescono a guidare tra quei vicoli a 100 all'ora senza colpo ferire e senza auto strisciare. Colosseo, i Fori, piazza Venezia, poi sù verso la sinagoga e da lì al Pantheon. La città è deserta, il collega sbadiglia.... Poi, improvvisamente, ecco un'Alfa 2500 rossa "tagliare" a cannone verso piazza Navona. Parte l'inseguimento tra stridore di gomme, controsterzi, freni a mano, derapate. La canaglia sa il fatto suo, Armandino riconosce il "tocco" inconfondibile dello "Zoppo". Ma anche lo Zoppo capisce di non avere a che fare con uno sbirro qualunque: quello non lo molla di un millimetro. Le prova tutte, lo Zoppo: cerca di farsi tamponare, cerca di fare a sportellate, a ponte Milvio si arrampica perfino su un marciapiede. Ma l'altro è sempre lì, con quella sirena che lacera l'aria e che si fa sempre più vicina. Fino a Trinità dei Monti. Qui, si dice che entrambe le macchine passarono su due ruote sopra un paracarro che ostruiva la strada. Vero o no, sta di fatto che proprio sulla scalinata lo Zoppo se la gioca: giù per i gradini con auto e tutto, vediamo se mi segui fin qui! E Armandino? Giù anche lui, con una Ferrari che neanche in una vita sarebbe riuscito mai a comprarsi! Si fanno tutta la scalinata di Trinità dei Monti e alla fine, mentre l'Alfa si trova con 3 cerchioni spaccati, la coppa dell'olio crepata e fumo che esce da tutte le parti, la Ferrari pure scalcagnata gli è addosso. In un baleno lo Zoppo si trova coi ceppi ai polsi: "Brigadiè, ammazza come corri!"
Di questa storia esistono tante versioni. Ognuno ci ha messo del suo proprio perchè il Ministero non ha mai confermato l'evento. Ma non lo ha neanche mai smentito. Di sicuro c'è solo che alla fine del marzo 1964 la Ferrari 250 GTE è di nuovo a Maranello, ufficialmente per "tagliando". Ufficiosamente, per sostituzione di una balestra, delle quattro gomme e della scatola del cambio......
Armando Spatafora divenne poi maresciallo, quindi andò in pensione. Terminò i suoi giorni senza clamore, mi piace pensare mentre si gustava ancora la scena della scalinata di Trinità dei Monti in privata beatitudine, con quell'occhietto vispo che lo fece conoscere alla criminalità con il soprannome di "Lince".
Di quei quattro moschettieri della "Mobile" non so se ne è rimasto qualcuno ancora in vita. Se sì, mi auguro che oggi sia indulgente verso questa povera Pantera azzoppata che sta trascinandosi per le strade d'Italia. Un'Italia così diversa da quella che li vide protagonisti 45 anni fa.
Oggi quella Ferrari - sì, proprio quella! - fa bella mostra di sè al Museo delle Auto Storiche della Polizia. Spesso viene portata in giro per l'Italia e ammirata da generazioni di Italiani che magari non sanno di cosa è stata capace nei suoi anni d'oro. Quando la Polizia era LA Polizia.
Per la Redazione Cadutipolizia: Gianmarco Calore
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