The Fiat 8V (or "Otto Vu") is a sports car produced by the Italian automaker Fiat from 1952 to 1954. The car was introduced at the 1952 Geneva Motor Show. The name 8V was chosen because they thought that Ford had trademarked the name "V8". They weren't a commercial success, but did well in racing. Apart from the differential the car did not share any parts with the other Fiats (but many parts were made by Siata and they used them for their cars). The 8V was developed by Dante Giacosa and the stylist Fabio Lucio Rapi. The engine was a V8 originally designed for a luxury sedan, but that project was stopped. The Fiat V8 had a 70 degree V configuration of up to a 1996 cc of volume, at 5600 rpm the engine produced 105 hp (78 kW) in standard form giving a top speed of 190 km/h (118 mph). The engine was connected to a four speed gearbox. The car had independent suspension all round and drum brakes on all four wheels.
Top management were preoccupied with more run of the mill projects, however, and only 114 of the high-performance coupés had been produced by the time the cars were withdrawn from production in 1954.[1] Nevertheless, they continued to win the Italian 2-litre GT championship every year until 1959.[1]
34 of the cars had a factory produced bodywork by Carozzeria Speciale FIAT. Some cars had the bodywork done by other Italian coachbuilders. Carozzeria Zagato made 32 that they labelled "Elaborata Zagato". Ghia and Vignale also made bodyworks. Most were coupés, but some spyders were made as well.
La Fiat 8V, anche nota come "Ottovù", è una berlinetta sportiva prodotta dalla casa torinese, in piccola serie, dal 1952 al 1954.
Nel 1947, il presidente della Fiat Vittorio Valletta convocò Dante Giacosa per incaricarlo di realizzare un'automobile adatta al mercato statunitense; un'iniziativa commerciale-politica concordata con il Presidente del Consiglio De Gasperi, quale simbolico ringraziamento per il promesso "Piano Marshall". Ipotizzando una berlina con motore di sei cilindri a V, Valletta specificò che la nuova vettura doveva "piacere agli americani".
La risposta di Giacosa -"Forse dovremmo costruirla in America"- fu ironica e tagliente; cosa stranissima per il tecnico Fiat, noto per la grande disciplina e serietà. Giacosa, infatti, si rendeva perfettamente conto della bizzarria di impegnarsi nella costruzione di una vettura con caratteristiche tecnologiche diverse da quelle europee, quando le strutture produttive, gravemente colpite dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, a malapena riuscivano a sfornare limitate serie di modelli progettati vent'anni prima.
Per cercare di ridurre lo sforzo tecnologico, propose quindi di aumentare il numero dei cilindri a otto, in modo da evitare le ben note difficoltà di equilibratura di un motore a sei cilindri. Inoltre, un tale frazionamento avrebbe consentito di riutilizzare o sperimentare componenti dei modelli di grande produzione.
Nasce così il "progetto 106" che avrà breve durata: il prototipo realizzato dalla Pininfarina non piacque e, scemata la "necessità politica", il progetto della berlina verranno abbandonato, dirottando le esperienze tecniche acquisite in favore della più razionale "1400" e lasciando "orfano" il motore "8V" ormai ultimato.
Nel 1950, la direzione commerciale della Fiat decise di produrre una berlinetta, allo scopo di rilanciare l'immagine sportiva del marchio. Anche in questo caso, Giacosa accolse la notizia con un certo fastidio, in quanto considerava inopportuno distrarre le poche forze tecniche, già impegnate su progetti di vetture per la grande serie, al fine di realizzare un modello del quale era facile prevedere la modesta produzione di esemplari, anche in caso di successo.
Nell'elegante e aerodinamica livrea disegnata dall'ing. Rapi, già autore della Isotta Fraschini 8C Monterosa, la vettura venne presentata al Salone dell'Automobile di Parigi nel 1952 e, per non intralciare la produzione di serie, costruita in nella Sezione Carrozzerie Speciali della Fiat.
Come previsto da Giacosa, la vettura ebbe scarso successo, anche per l'elevato costo che, alla ristretta clientela abbiente, faceva preferire vetture ben più blasonate. Molti gruppi telaio-motore vennero venduti a svariati carrozzieri.
Nel 1954 è la volta della 2ª serie, rinnovata nel telaio, con carrozzeria in vetroresina del peso di soli 48 kg e con il motore potenziato a 125 CV. Sembrava il rilancio in pompa magna della "V8", ma dopo pochi mesi la direzione Fiat decise di concludere definitivamente la produzione.
La maggior parte degli autotelai "8V" vennero ceduti a carrozzerie come Vignale, Ghia, Bertone, Balbo, Pininfarina, Zagato e Stabilimenti Farina, molto attive all'epoca, che ne fecero concept car per esposizioni o modelli esclusi di piccolissima serie, in versioni coupé, barchetta, cabriolet e berlinetta, dato che la rigidità del telaio portante consentiva qualunque tipo di trasformazione.
Tra le molte realizzazioni, è doveroso ricordare la "Supersonic" di Ghia, la "Demon Rouge" di Vignale e la "Siata 208 Sport" di Bertone, tutte ideate dalla feconda matita di Michelotti.
La "speciale" più conosciuta, è certamente la Zagato impostata sulla 2ª serie della "8V". In seguito all'improvvisa chiusura della produzione, Zagato si offrì di rilevare le 25 vetture rimaste invendute, che gli furono concesse a prezzo di liquidazione.
Con poche modifiche alla carrozzeria e qualche accorgimento per aumentare la potenza del motore, venne realizzata la "8V Elaborata Zagato", una vettura che ebbe grande fortuna nelle competizioni sportive europee e americane, mietendo una numerosa serie di allori, tra i quali cinque campionati nazionali di velocità consecutivi (1954-1958) per vetture 2000 GT.
Memorabile fu la vittoria conseguita all'AVUS, nel Gran Premio di Berlino del 1955, dove la "8V" pilotata da Elio Zagato, riuscì nell'insperata impresa di battere l'agguerrito squadrone Porsche sulla pista di casa, stabilendo anche il miglior giro della gara ad oltre 173 km/h di media.
Rendendosi conto del ritorno per l'immagine sportiva aziendale, la Fiat si offri di provvedere al mantenimento in efficienza delle vetture attraverso il proprio reparto corse. È forse l'unico caso di modello sportivo che iniziò a vincere nelle competizioni dopo essere uscito di produzione.
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